Il fruttosio è il colpevole numero 1 per l’obesità

Il fruttosio è il colpevole numero 1 per l’obesità

I tassi di obesità stanno aumentando drasticamente negli ultimi decenni, incrementando altresì il rischio di condizioni come malattie cardiache, ictus, diabete di tipo 2 e alcuni tipi di cancro. Ebbene, anche se gli scienziati studino l’obesità da anni, le cause alla base di questa complessa malattia non sono ancora del tutto chiare.

È invece certo che sono molti i fattori contribuiscono all’aumento di peso, tra cui i modelli alimentari, i livelli di attività fisica e le abitudini di sonno. Anche la genetica è coinvolta in tutto ciò, così come i determinanti sociali della salute, ovvero le condizioni a casa, al lavoro e nella comunità di appartenenza.

Ora, poiché i modelli alimentari giocano un ruolo chiave nel rischio di obesità, sono stati proposti diversi modelli scientifici per spiegare come l’assunzione di cibo porti all’aumento di peso. Alcuni incriminano specifici gruppi di alimenti, come i grassi e gli zuccheri, in quanto alimentano l’obesità. Un altro suggerisce che l’obesità sia determinata dall’ingestione di più calorie di quelle che il corpo brucia durante le sue attività quotidiane.

Sebbene ogni modello, o ipotesi, sia supportato da ricerche, si discute ancora su quale spieghi meglio l’aumento dell’obesità e sull’approccio ottimale per affrontare questo problema di salute pubblica.

Una nuova ricerca ci aiuta a saperne di più

Un articolo pubblicato il 17 ottobre sulla rivista Obesity suggerisce che questi modelli sono di fatto compatibili tra loro e possono essere collegati a un nutriente chiave: il fruttosio.

Il fruttosio è uno zucchero naturale presente nella frutta, nei succhi di frutta, in alcune verdure e nel miele. È presente nello zucchero da tavola (insieme al saccarosio) e nello sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, ricavato dall’amido di mais e aggiunto a molti prodotti alimentari. L’organismo può produrre il fruttosio anche da altri carboidrati, come il glucosio.

Il Dr. Richard Johnson, ricercatore presso l’Università del Colorado Anschutz Medical Campus, e i suoi colleghi scrivono che quando il corpo è in uno stato di fame, il fruttosio ingerito agisce come altri nutrienti e ripristina l’energia attiva nelle cellule, nota come ATP o adenosina trifosfato.

Tuttavia, in uno stato di alimentazione, quando il fruttosio viene metabolizzato, abbassa il livello di ATP nella cellula, bloccando allo stesso tempo il rifornimento di ATP dalle riserve di grasso dell’organismo.

Il calo dei livelli di ATP segnala che la cellula è a corto di energia attiva e stimola una serie di risposte biologiche, tra cui la fame, la sete, l’aumento dell’assunzione di cibo, la resistenza all’insulina e la riduzione del metabolismo a riposo. Cambiamenti che possono portare a un aumento di peso, soprattutto quando è facile accedere a cibi ad alta densità energetica e gustosi come fast food, caramelle, patatine, prodotti da forno e gelati.

 

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