Cosa sono la zona abissale e la zona abissopelagica

Cosa sono la zona abissale e la zona abissopelagica

L’estesa provincia fisiografica descritta come il fondo dell’oceano profondo è classificata come zona abissale: in queste regioni ad alta pressione e bassa temperatura, le profondità sono generalmente comprese tra 3.505 e 5.486,4 m e le temperature variano da 0°e 3,9°C.

La zona abissale comprende i substrati (strati di sedimenti del fondo) e supporta molte specie di vita del fondo. Anche se il numero di organismi per unità di superficie è basso rispetto alle piattaforme continentali, la diversità biologica è elevata. Non sono state inventate tecnologie economicamente vantaggiose per sostenere la pesca commerciale o per estrarre minerali in questa zona.

Le caratteristiche comuni alle zone abissali includono le dorsali medio-oceaniche che contengono bocche idrotermali, classificate in base alle loro temperature. I batteri chemiosintetici (che metabolizzano sostanze chimiche) prosperano in prossimità delle bocche idrotermali grazie alle grandi quantità di idrogeno solforato e altri minerali da cui traggono energia e costituiscono la base della rete alimentare, tanto da essere dai vermi tubolari giganti, specie specializzate di granchi e gamberi.

Dunque, contrariamente a quanto si possa pensare, l’oceano profondo è un sistema attivo, in cui le condizioni sono mantenute da complesse interazioni tra processi biologici, chimici, geologici e fisici. I ritmi di questi processi possono essere relativamente lenti, ma determinano uno stato di equilibrio dinamico. Gli ecosistemi che supportano possono essere danneggiati dall’uomo, ma sembrano resistere ai cambiamenti naturali e antropici.

Zona abissopelagica

Dalla zona abissale può essere distinta la zona abissopelagica, composta da fondali che si trovano al di là dell’innalzamento continentale e che si estendono generalmente da 3.505 m di profondità al fondo marino. L’unica zona più profonda è la zona adelagica, che comprende le trincee e i canyon di profondità. La profondità delle fosse profonde può essere compresa tra 4.998,7 e 2.865 metri mentre le temperature nella zona abissopelagica variano da 0° a 3,9°C, e le pressioni sono superiori a 350 atmosfere.

Le acque abissali sono molto diverse dai mari poco profondi che si trovano sulle piattaforme continentali. La luce solare è infatti completamente assente e le correnti e le turbolenze sono relativamente più deboli di quelle misurate nelle acque superficiali e intermedie. Nonostante questo ambiente incredibilmente duro, c’è vita: gli organismi abissopelagici vivono e si nutrono in acque aperte tra 3.505 e 6.000 m di profondità, dove la pressione è di ben 600 atmosfere.

Queste acque profonde ospitano molte specie di invertebrati, come le stelle cesto e i calamari di profondità. La maggior parte delle specie sono spazzini chiamati detritivori, che vivono sotto la costante pioggia di creature morte provenienti dalla parte superiore dell’oceano illuminata dal sole (il detrito). Gli aggregati organici nella colonna d’acqua sono chiamati anche neve marina. Esistono tuttavia dei predatori: la medusa di profondità, un parente della medusa, cattura con i suoi tentacoli piccoli crostacei, larve e detriti organici e li digerisce nella sua cavità centrale.

Per sopravvivere negli abissi, i pesci hanno sviluppato caratteristiche speciali come bocche grandi, mascelle elastiche ed esche bioluminose per attirare le prede. Il granatiere abissale (Coryphaenoides armatus) o coda di topo a scaglie lisce si trova a queste profondità, in tutto il mondo.

Ancora, si consideri che la bioluminescenza è estremamente importante per molte creature delle profondità marine. È presente in un’ampia gamma di organismi, dai batteri ai vertebrati, sia sulla terraferma che in mare. All’interno delle acque profonde e dei fondali, le creature che brillano e lampeggiano creano la propria luce per sopravvivere.

Per la bioluminescenza sono necessarie due importanti sostanze chimiche della zona abissopelagica. La luciferina produce la luce quando l’enzima luciferasi è presente per guidare o catalizzare la reazione. La bioluminescenza nella zona abissopelagica è ritenuta un aiuto per la navigazione, per attirare le prede, per confondere i predatori, per comunicare e per attirare i partner di accoppiamento. Attualmente non esistono tecnologie economicamente vantaggiose per utilizzare le risorse abissopelagiche.

Share this post

Post Comment